Inconciliazioni – testo di Carlo Fabrizio Carli

Paolo Assenza è un investigatore di ombre. Le ombre che lo interessano – è bene precisarlo in presenza di inquietanti metafore – sono quelle che la figura umana, grazie ad un”illuminazione retrostante, proietta sulla tela o, in genere, su di una superficie pittorica; quest”ultima può essere anche la parete, perché Paolo si è misurato in varie occasioni (a cominciare da quel singolarissimo museo vivo di arte contemporanea in cui Sandro Tulli ha voluto trasformare l”Hotel Albornoz di Spoleto) con il fare grande della pittura murale.

Ernst H. Gombrich dedicò anni addietro un saggio davvero coinvolgente all’ombra in pittura; presenza effimera e sfuggente, questa, ma, al tempo stesso, carica di echi e suggestioni che provengono dal retaggio delle leggende e del mito.

Paolo Assenza, da parte sua, sottrae le ombre ai soggetti più diversi: agli amici e al suo stesso viso; ad alcuni operai intenti a movimentare delle casse davanti al suo studio di via degli Ausoni, poniamo; o a bambini che giocano con pistole di plastica nel cortile; ma anche a personaggi assurti agli onori della cronaca nera (il pittore preferisce servirsi di immagini di quotidianità); ma non manca perfino qualche presenza mitologica recepita e trasfigurata nel Museo, come la Cleopatra dipinta da Artemisia Gentileschi (e in questi casi si rende necessario il ricorso al supporto fotografico).

Questi lavori, in cui le ombre si trasformano in altrettante sagome color indaco chiaro, con la palese aspirazione a comprimere e sintetizzare una storia nel quadro, mi sembravano e mi sembrano tuttora, rivedendoli, molto interessanti. Pensavo che il pittore avesse, a questo punto, trovato un terreno sufficientemente solido e ampio da consentirgli di lavorarvi a lungo.

E invece, inquieto e insoddisfatto, Paolo Assenza ha voluto andare oltre: troppo elementare gli sembrava il processo di elaborazione del quadro, poco coinvolto con i processi di valenza astrattiva comportati dalla modernità.

Il pittore ha così adottato un procedimento di frammentazione ritmica, ottenuto mediante la suddivisione del quadro in bande unitarie di colore, perloppiù verticali, che servono a Paolo Assenza a ricondurre ad una sorta di unità caleidoscopica la disarticolata struttura del dipinto. E non manca il ricorso a punti e linee di fuga.

Per quanto riguarda la tavolozza, Assenza si serve di colori che risultano perloppiù, ad elaborazione completata, assai tenui (cilestrini, rosa, verdini, al massimo violetti chiari, se non il bianco addirittura), in una gradazione di accordi tonali. il tutto è frutto, però, di ripetute e pazienti velature, in quanto la prima stesura del quadro nasce invece con colori assai vivaci, che vengono poi, progressivamente, smorzati.

Beninteso, pur in questo contesto frammentato, le ombre continuano ad restare protagoniste, e, accanto a loro, appaiono delle presenze singolari, come i pedoni degli scacchi, quasi a voler chiamare in ballo, demistificandoli, i manichini metafisici.

Roma, marzo 2008

Carlo Fabrizio Carli