La tentazione della pittura – testo di Bruno Aller

Non si tratta di parlare dello spazio e della luce,

Bensì di far parlare lo spazio e la luce esistenti.

Interrogazione senza fine…E’ questa filosofia che

Anima il pittore, nell’istante in cui la sua visione

si fa gesto” Merleau-Pounty l’occhio e lo spirito

Nel suo articolato percorso Assenza ha sempre mantenuto un rapporto preferenziale

con la pittura, ciò si nota anche quando sollecitato da ulteriori necessità espressive si misura con azioni performative, installative, video o con operazioni multimediali è sempre la pittura e solo la pittura che muove il suo registro linguistico. Si potrebbe, parafrasando Cezanne che egli “pensa in pittura”.

La sua connaturata sensibilità e formazione artistica lo riconduce “ciclicamente” alla pittura stessa.

Questi ultimi lavori che l’artista presenta sono dipinti che fanno parte di un ciclo, denominati per lo più “paesaggi” (spesso Assenza lavora per cicli conclusi, non necessariamente conseguenziali o progressivi).

Sono pitture di ampio “respiro”, liquide e materiche, dove è evidente un rinnovato desiderio per l’azione, per il gesto liberatorio, dove coesistono la riflessione, l’ascolto, l’attesa fino a specchiarsi sul campo indagato, (anche se vi sono in superficie alcune analogie, sarebbe assai fuorviante pensare queste opere come una operazione declinante dai famosi “paesaggi anemici” di Schifano). Nell’azione Paolo alterna ripetute colature di colore, cascami di fluidi liquidi, gesti che attraversano lo spazio , trasparenze pressochè monocromatiche o poeticamente tonali, morbide stratificazioni che si sviluppano verso la superficie e prendono “forma” in superficie, immette poi “corpi” più materici che tamponano, delineano e controllano il gesto.

Ecco che affiorano immagini o meglio pre-immagini con-figurazioni di possibili “paesaggi”, dolci tranquilli,docili, ma anche crudi, arsi come deserti di ghiaccio che vengono poi raccordati da ampie e sapienti velature.

Questo fare stabilisce la regola di non pre-stabilire, di non cercare un “traguardo” pre immaginato, ma deve saper cogliere ciò che si stà formando , ed è questo che muove e convince il pittore, che lo tenta a perseguire nella pittura, di essere nella visione.

Errare quindi verso un approdo, fiutare, ri-cercare un approdo, quando poi a giusta distanza, nell’attesa con occhi socchiusi l’opera affiora: è il quadro che si stà facendo; (e forse solo in questo che il lavoro di Paolo trova la sua consonanza con l’action-painting ). E’ il corpo della pittura che si fa spazio dal fondo verso la superficie, che vuole uscire allo scoperto; un “duello”tra il sè e l’opera in un reciproco cercarsi, fino la soglia del precipizio, ma ecco finalmente gli orizzonti, l’orizzonte, il dilatarsi dello spazio e ritrovarsi.

Assenza in alcuni casi circoscrive “il paesaggio” emerso con un grande cerchio, in questo caso sceglie un ulteriore sottolineatura del “campo” che ri-definisce come “luogo” mirato, come obiettivo dove focalizzare l’attenzione, un ulteriore ipotesi dove posare lo sguardo.

Assenza guarda così all’errare come unica possibile esperienza (0.Wilde) e scommette, cede alla tentazione, ma non solo per consapevolezza dei processi “effimeri” dell’esistenza ma per una sfida all’im-possibilità al cambiamento, quale dramma dell’essere. A me sembra così che l’autore con il suo lavoro traslittera visivamente l’essenza del testo “La tentazione di esistere” di Cioran, nel suo farsi tentare dalla pittura, e ci pone con la “muta poesia” troppe volte data per morta ulteriori possibili interrogativi.

Bruno Aller