La Scala Coeli – testo di Anne Lepoittevin
Guardare una scala su cui si possa salire solo col pensiero, dietro alla Scala Santa che si può solo immaginare, con le due scale che s’incontrano idealmente per formare un triangolo verso un cielo invisibile… è per lo meno un esercizio dello spirito a regola d’arte.
Questa Scala Due è stata pensata per l’Associazione Culturale TRAleVOLTE: un luogo confinante con l’edificio di Sisto Quinto, il pontefice costruttore di età tridentina che volle dare un nuovo e grandioso reliquiario alla reliquia del Pretorio di Pilato; ma anche un luogo di austera bellezza la cui forma suggerisce l’idea d’un cammino sotto una volta terrestre.
Più che un semplice gioco d’arte, la scala di Paolo Assenza è una copia simbolica della Scala Santa. Ma, sia nella lunga storia delle riproduzioni dei luoghi santi che nella non meno lunga storia della copia d’arte, di rado la «copia» nasce per essere collocata accanto all’originale. Quando succede, essa può dialogare col modello senza doverlo «descrivere».
Nella Scala «vera», il corpo sofferente che sale verso l’icona miracolosa entra in un contatto fugace con la materia. Nella Scala «vera», il legno di noce che copre il marmo di Tiro forse toccato dal corpo di Cristo trasmette al pellegrino la santità del marmo. Sospesa invece come un’idea nel cielo, questa scala leggerissima di fredda luce riflessa sull’acciaio e sul marmo di Carrara, dai ventotto gradini impraticabili, astrae la reliquia della Passione dal coinvolgimento del corpo del pellegrino che segue le orme di Cristo. Dematerrializzata, quasi astratta, la scala di luce orrizontale alleggerisce sia il corpo che la materia fino a diventare un’immagine quintessenziale di scala. Una Scala Coeli che conduce il corpo pesante all’impalbabilità del pensiero.
Di millenni di salite, cosa rimane sul luogo stesso? Paolo Assenza si sofferma sull’idea di memoria, della traccia che l’individuo preso nella ripetizione dei gesti collettivi lascia di sé – due temi al centro di tutta la sua arte, pittura, video o installazione. Sulla scala di luce prendono corpo i biglietti volanti cui i pellegrini affidano nomi e speranze lasciandole un po’ a caso tra le aperture della Scala Santa, sia come tracce di contatto che come voti. Effimeri e babelici minimi ritratti riuniti in un’immensa Roma che nella Scala Santa, percorsa da ortodossi, protestanti, anglicani e cattolici, si libera dal peso degli scismi. Tracce di umanità precarie quanto le loro precise speranze e quanto la stessa nuova scala poiché non c’è forma d’arte più eloquente dell’installazione per evocare la fragilità.
Docente di storia dell’arte presso l’Università di Borgogna